Quando i ‘no’ servono a crescere
A quasi tutti i genitori dei bambini di due anni sarà capitato di sentirsi inadeguati nei loro confronti, se non addirittura in preda a sensi di colpa per
il timore di aver commesso qualche grave errore nella loro educazione. Niente panico: il vostro bambino sta solo crescendo e
il periodo turbolento che va, all’incirca, dai 18 ai 24-30 mesi fa parte di questo lungo e complesso processo. È intorno a quest’età, infatti, che si fa strada in lui
un grande bisogno d’indipendenza dalle figure che fino a quel momento si sono occupate tanto amorevolmente di lui e, in primo luogo, dalla madre, che lo ha accudito fin dal suo primo istante di vita.
Questa ricerca di autonomia scaturisce dal contemporaneo rafforzamento della propria individualità: con i suoi ‘no’, urlati e ripetuti, il piccolo ci sta semplicemente chiedendo di aiutarlo a diventare una persona distinta dalla madre, con la quale ha a lungo intrattenuto un rapporto di tipo più o meno simbiotico. Come è facile immaginare, cambiamenti di questo tipo non possono avvenire in modo lineare e indolore, tanto più se si considera che il cervello di un bambino non ha ancora raggiunto una completa maturazione.
La logica di cui si serve è di tipo egocentrico e, in un certo senso, magico. Il nostro piccolo individuo, pertanto, è spesso travolto dalle sue stesse emozioni, che non è ancora in grado di controllare, ed è soggetto a molte frustrazioni per l’incapacità di dare voce ai propri bisogni in maniera adeguata.
Cosa fare, quindi, di fronte a certe sue manifestazioni esagerate e talvolta imbarazzanti? In realtà, nella gran parte dei casi, quelli che noi liquidiamo con la definizione semplicistica di ‘capricci’ altro non sono che un tentativo del bambino di comunicarci o chiedere qualcosa.
Per quanto possa sembrare difficile, l’adulto di riferimento dovrebbe lasciarlo sfogare
(non dobbiamo infatti dimenticare il potere liberatorio del pianto), cercando di mantenere la calma. In questi casi, è in genere di grande aiuto il contenimento fisico, che magari in un primo momento il piccolo rifugge, ma a cui finisce per abbandonarsi.
La sensazione di protezione e sicurezza dell’abbraccio del genitore aiuterà il bambino a controllare la collera da cui si è lasciato letteralmente travolgere. Il passo successivo, una volta superato il momento critico, sarà aiutarlo a dare un nome all’emozione che sta vivendo, usando parole a lui comprensibili e proponendogli poche regole, ma sempre chiare e ben definite. Riconoscere le necessità di un figlio, infatti, non significa permettergli di fare tutto ciò che desidera, magari a discapito delle proprie esigenze di adulto con i suoi bisogni e i suoi momenti di stanchezza.
Anche i ‘no’ di mamma e papà hanno un’indispensabile finalità educativa, in quanto danno modo al piccolo d’imparare il rispetto per le cose e le persone, nonché di tollerare le prime frustrazioni di cui la vita di ciascuno di noi è più o meno costellata.