Maternità - Il congedo obbligatorio per le lavoratrici dipendenti

Mamma in gravidanza
Partiamo dalla sua definizione: il congedo di maternità obbligatorio è un periodo di astensione retribuita e obbligatoria dal lavoro previsto per la madre. Sono 5 mesi in totale: la lavoratrice può scegliere tra la formula
  • 2+3 mesi (i 2 mesi precedenti e i 3 che seguono il parto)
  • 1+4 (1 mese prima e 4 dopo il parto).
  • Oppure, novità dal 2019, i 5 mesi subito dopo il parto.
Il periodo di maternità obbligatoria è tutelato dalla nostra Costituzione, che lo considera un’«adeguata protezione alla madre e al bambino». Anche il Codice Civile, all’articolo 2110, recita: «In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dagli usi o secondo equità, e il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell’anzianità di servizio». La disciplina di riferimento della maternità obbligatoria è però il Testo unico sulla maternità D. Lgs 151/2001 e s.m.i., compresa la modifica apportata al periodo tutelato dalla Legge di Bilancio 2019. Che si tratti di una lavoratrice dipendente o autonoma, le modalità di richiesta e il trattamento economico variano di caso in caso. Essendo un argomento molto ampio abbiamo qui deciso di focalizzarci sulla lavoratrice dipendente. Nel prossimo numero della rivista faremo riferimento alla platea delle autonome. Congedo maternità Quando si parla di lavoratrice e lavoratore dipendente si intendono lavoratori privati, pubblici, soci lavoratori di cooperativa, chi ha un contratto di apprendistato oppure a tempo parziale. I periodi di astensione obbligatoria di maternità non vengono contati come periodo di formazione, il termine del quale slitterà quindi di qualche mese. Per le lavoratrici part-time vengono applicati gli stessi principi delle altre tipologie, con un trattamento economico ovviamente riproporzionato. Attenzione, però: la scelta di avvalersi del congedo di maternità flessibile è della lavoratrice, purché vi sia un attestato del medico o, in alcuni casi, del medico competente in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, nel quale sia certificata l’assenza di rischio alla salute della lavoratrice. Ma la maternità è un obbligo anche per la madre, persino in presenza di una certificazione medica che attesti le condizioni di buona salute della lavoratrice.

La richiesta

La futura mamma lavoratrice può farsi assistere nella presentazione della domanda di astensione obbligatoria da un patronato o dal contact center INPS (numero verde 803164 o 06164164 da cellulare). Oppure fare domanda in piena autonomia attraverso il sito INPS usando il PIN INPS personale. Al proprio datore di lavoro bisognerà, per prima cosa, presentare il documento che attesti la 12 data presunta del parto (redatto da un medico): consapevoli che si tratta solo di un’indicazione ipotetica, e che il parto potrebbe in realtà discostarsi dalla data indicata, è tuttavia l’elemento base che permette di conteggiare il periodo di assenza dal lavoro. Al datore di lavoro dovrà poi essere consegnata la domanda che la lavoratrice farà all’INPS, così come il certificato di nascita, che confermerà con precisione i mesi di astensione.

Congedo di maternità, un obbligo

Il datore di lavoro non può scegliere se concedere o meno la maternità, è un vincolo imposto a livello normativo dall’art. 16 D. Lgs. 151/2001. La legge prevede che la futura mamma si possa avvalere della formula 2+3 mesi, oppure opti per la soluzione, detta flessibile, degli 1+4 mesi, oppure direttamente per i 5 mesi dopo il parto.

Congedo di maternità in caso di interruzione di gravidanza

Se l’interruzione di gravidanza avviene entro i 180 giorni dall’inizio della gestazione, l’evento verrà trattato come malattia; se si verifica dopo il 180° giorno, verrà invece considerato parto, con conseguente riconoscimento del diritto al congedo di maternità e al correlativo trattamento economico previdenziale. In ogni caso, la lavoratrice può decidere di rientrare al lavoro rinunciando al congedo, previo preavviso di 10 giorni al datore di lavoro e ferma restando una certificazione, redatta dal medico, che autorizzi il rientro
Tratto da Nascere Mamma - di Carlotta Cordieri