Fammi un bel disegno

Fammi un bel disegno
Il disegno è una delle più vere e originali forme di espressione della personalità infantile, un gioco che coinvolge, impegna, stimola il bambino e, allo stesso tempo, rivela le sue conquiste a livello cognitivo e le sue emozioni. Riuscire a comprendere i disegni dei nostri figli ci consente non solo di apprezzarne i piccoli grandi passi quotidiani, ma anche di coglierne pensieri, preoccupazioni, gioie e affetti. René Baldy, docente di psicologia dello sviluppo e scrittore (è autore, tra gli altri, del volume ‘Fais-moi un beau dessin’, 2011) ha spiegato: «Come il linguaggio, il disegno, che si sviluppa per passaggi successivi ben distinguibili, è un marcatore che permette di capire a che stadio si trova nostro figlio sul piano cognitivo». Se i primi tentativi grafici si collocano in genere intorno ai 18-20 mesi, è bene che anche da prima i bambini vivano in ambienti stimolanti dal punto di vista creativo: quindi, in una casa in cui fogli bianchi, matite colorate, pastelli e pennarelli non manchino mai. Il disegno, infatti, è una palestra per la mente, nella quale si sviluppano le abilità motorie della mano – per Maria Montessori, «lo strumento espressivo dell’umana intelligenza» – e lo spirito d’osservazione. Ogni bambino ama disegnare ed è dunque necessario creare tempi e spazi per favorirlo: ne risulterà una capacità di espressione sempre maggiore. L’INTERPRETAZIONE DEL DISEGNO INFANTILE Ogni disegno può essere oggetto di un’analisi almeno duplice: da un lato, gli aspetti oggettivi (com’è realizzato, con quali forme grafiche, quali colori, cosa cambia rispetto ai disegni precedenti, cosa rappresenta…); dall’altro, un’indagine interpretativa – prerogativa di psicologi e specialisti – che parte dal presupposto secondo cui il bambino proietta nel disegno una parte più o meno profonda del suo inconscio. Sebbene ogni genitore conosca il proprio figlio e certi aspetti dei suoi disegni non gli possano sfuggire, in linea generale questo è il consiglio degli esperti: limitarsi a considerazioni oggettive, rimarcando i progressi dei nostri piccoli artisti in erba, e tralasciare qualsiasi giudizio o concetto di giusto e sbagliato. Piuttosto, quando non capiamo cosa il bambino ha rappresentato, è meglio domandargli: «Me lo racconti?». E il piccolo inizierà a ‘raccontar-si’ in maniera via via sempre più elaborata, età per età. 1-2 ANNI I PRIMI SCARABOCCHI I primi segni della matita sul foglio, collocabili per i più precoci già a 15-18 mesi, sono essenzialmente il prodotto di colpi della mano, a volte così energici – e abbinati a un così limitato controllo motorio – da provocare buchi nella carta. Verso i due anni il bambino comincia a intuire che c’è un rapporto tra i suoi movimenti e i segni che traccia, e che questi ultimi posso avere scopi ed esiti diversi. Così li varia e scopre il piacere di alternare linee orizzontali, verticali, cerchi e puntini. In genere, preferisce disegnare con un unico colore. 2-3 ANNI L’INTENZIONALITÀ FIGURATIVA Quando vostro figlio vi dirà che ha disegnato il papà, la nonna o il gatto, complimentatevi con lui, anche laddove, obiettivamente, proprio non riusciate a riconoscere i soggetti raffigurati. È infatti a quest’età che si rivela per la prima volta un’intenzione figurativa – in anticipo rispetto alle effettive capacità artistiche – e il bambino inizia a dare un nome al suo scarabocchio, attribuendogli un significato. Non disegna più per il solo piacere del movimento, ma per rappresentare cose, persone e sensazioni vissute intensamente. Scopre inoltre la bellezza di usare più colori nello stesso disegno. Questo stadio è detto dello ‘scarabocchio a significato’. 3 ANNI e PIU , GLI OMINI CEFALOPODI A tre anni il bambino inizia a produrre forme identificabili, che assomigliano ad abbozzi di case e soli: compaiono croci, pseudo quadrati e configurazioni a sbarre, spesso lungo il bordo del foglio. A quattro anni gli scarabocchi hanno acquistato organicità e un significato comprensibile anche all’adulto. Emergono inoltre le prime schematiche figure umane: i cosiddetti ‘omini cefalopodi’ – testa grande (solo in seguito con occhi, naso e bocca) e arti a raggiera – comuni a tutti i bambini. Tra i quattro e i cinque anni arriva il primo abbozzo di tronco, spesso addirittura con l’ombelico. Alla stessa età, il bambino è in grado di rappresentare un paesaggio. Di Sara Lanfranchini | Tratto dalla rivista Nascere Mamma