"Mamma, senti come piango". Capirne le cause e non agitarsi.

"Mamma, senti come piango". Capirne le cause e non agitarsi.

Mamma, senti come piango

Durante i primi tre mesi di vita, il pianto è la prima e più naturale manifestazione degli stati d’animo del bambino, che ancora non ha sviluppato altre modalità comunicative. Per questo, gli episodi sono anche piuttosto ricorrenti: perché piangere fa fisiologicamente parte del suo processo di sviluppo. In altre parole, è una ‘fase’, e non c’è neonato che non l’attraversi, sebbene solo per alcuni si accompagni a crisi acute, durature e, per i genitori, anche destabilizzanti.

Le cause

Escludendo disturbi di natura medica, in genere il bambino piange quando ha fame o sete, quando è stanco, ha caldo o freddo, quando sta poco bene o si sente solo e vuole richiamare l’attenzione, quando spunta un nuovo dentino o, semplicemente, ha il pannolino sporco. E poi ci sono le coliche, a cui si collega un pianto particolarmente insistito e frequente. Per i neogenitori, orientarsi tra tutte queste possibilità è spesso un’impresa. Ma il solo fatto che accorrano a consolare e accudire il figlio, per il neonato è un’esperienza fondamentale tanto alla sua sopravvivenza quanto allo sviluppo della fiducia in se stesso. Malesse re, stanchezza, fa me, voglia di coccole. Sono tanti i motivi che possono indurre i bambini al pianto, a volte prolun gato per ore. Tra le cause più temute dai genitori, le coliche: lacrime e strilli ‘inconsolabili’, davanti ai quali mamme e papà si sentono impotenti. Ma i rimedi esistono. D’altra parte, sostengono gli esperti, reagire istintivamente ai segnali del bambino è una dote innata in ogni genitore, anche se il rischio di sbagliare è sempre in agguato: capita di tardare nella risposta come di subissare il piccolo di premure. Ma anche gli ‘errori’ servono, per imparare a conoscersi a vicenda. Nel frattempo, il bambino diventerà un esperto nell’arte di farsi capire al volo da voi. Innanzitutto, ricordate: più il bambino cresce, più il pianto diminuisce. In genere, la fase più acuta si registra intorno alla sesta settimana di vita, con tendenza all’aumento del pianto in orario serale, quando il piccolo è più stanco. Da quel momento in poi, però, la frequenza si riduce di mese in mese (seppur con le dovute differenze a seconda dei bambini), mentre cresce il ‘contenuto informativo’ di cui sono portatori gli strilli. In pratica, il bambino impara a esprimere desideri e necessità in maniera sempre più chiara, ma impara anche a utilizzare strumenti comunicativi alternativi, come sorridere, fare smorfie e presto anche lallare.

Non siete soli

Non disperatevi e non pensate ‘sono un cattivo genitore’ solo perché non riuscite a calmare subito il pianto di vostro figlio. Piuttosto, chiedete consigli e accettate l’aiuto di famigliari e amici. Pensate che all’estero, soprattutto nei paesi del nord Europa, esistono apposite scuole nate per supportare i genitori nell’arduo, splendido compito di diventare mamme e papà.

Metodi Calma Pianto

■ Contatto. Tenete il bambino stretto al petto e cullatelo; fategli fare il pisolino tra le vostre braccia; preferite fasce e marsupi alla carrozzina. ■ Ritualità. Esistono tanti ‘trucchetti’ per tranquillizzarlo: cantare, sussurrare, camminare tenendolo appoggiato alla spalla, dondolarlo, avvolgerlo in una coperta, distrarlo con un carillon o un ‘rumore bianco’ (quello di una lavastoviglie accesa, ad esempio); in casi estremi, può essere utile un giro in auto. Appena individuate il più efficace per voi, fatelo diventare un piccolo rito rassicurante. ■ Aiuto. Nonni, mariti, mogli, zii possono sollevarvi da una parte dei vostri compiti, soprattutto quando siete particolarmente stanchi.